Spigno, alta Val Bormida. Il paesaggio che troviamo ad accoglierci, solitamente tra i più belli, naturalmente vocati alla viticoltura e all’agricoltura in generale, adesso è la fotografia di una terra ferita che ogni giorno subisce l’attacco della fauna selvatica.
Un grido d’allarme che arriva all’unisono anche da altre parti della provincia, potremmo trovarci nel Tortonese, in Val Cerrina o nel Novese e la situazione non cambierebbe.
“Non è più possibile fare il contadino in queste condizioni. Siamo abituati a dover scommettere sulle condizioni meteorologiche, la grandine arriva all’improvviso ma anche se ci mette in ginocchio sappiamo che il giorno dopo possiamo ripartire, con la fauna selvatica invece è impossibile, non si riesce mai a mettere la parola fine. Spunta un nuovo giorno e inizia la conta dei nuovi danni”.
Sono parole concitate e piene di rammarico quelle che vengono dette da un gruppo di agricoltori associati Coldiretti della zona di Acqui Terme e dal sindaco di Spigno Mauro Garbarino.
Scendiamo tra i vigneti devastati, danni incalcolabili a Brachetto, Dolcetto… proseguiamo il nostro viaggio verso i frutteti per capire la voracità e i segni sono ben visibili anche su piante da frutto, nessuna pietà nemmeno per i noccioleti.
“Vigneti che saranno da estirpare e danni economici incalcolabili. Ecco perché vogliamo richiamare l’attenzione sulla criticità della situazione”: così i vertici della Coldiretti alessandrina esprimono preoccupazione per i danni provocati al settore agricolo da caprioli e cinghiali.
«I caprioli sono in continuo aumento – commenta il presidente della Coldiretti di Alessandria Roberto Paravidino – e questo è un grave problema per la nostra agricoltura, che continua a subire danni e a vederseli risarciti solo in parte. L’agricoltura è oggi l’unica attività di impresa dove è possibile distruggere senza garantire i giusti risarcimenti. Gli indennizzi molte volte arrivano in ritardo e solitamente non coprono che la metà del danno economico subito dall’impresa. Una situazione che riguarda le imprese agricole, ma anche la società e l’ambiente. Per chi opera nelle aree montane e svantaggiate non c’è più la sicurezza di poter proseguire l’attività agricola, ma anche di circolare sulle strade o nelle vicinanze dei centri abitati”.
“In merito ai caprioli la posizione di Coldiretti è chiara – aggiunge il direttore della federazione alessandrina Simone Moroni - questo ungulato a breve arrecherà più danni alle aziende agricole dei cinghiali, per questo occorre mettere in campo da subito una serie di soluzioni: dai piani straordinari di controllo per garantire la selezione e il prelievo degli animali in soprannumero, all’accelerazione delle procedure di rimborso dei danni, coordinando in maniera più efficace i diversi enti che sovrintendono alla gestione del territorio. La Provincia di Alessandria sta dimostrando un interessamento ed una sensibilità che ci fa ben sperare in un cambiamento di rotta sulla gestione della problematica: un ulteriore segnale tangibile arriverà venerdì quando, durante un incontro a Palazzo Ghilini, verrà fatto il punto della situazione e verranno discusse tematiche fondamentali a tutela delle coltivazioni ma anche sui tempi di indennizzo”.
Le iniziative messe in campo fino ad oggi, quali battute di selezione, catture con gabbie e fili elettrici per l’allontanamento degli ungulati non sono in grado di arginare un problema così grave. Servono interventi di eradicazione che possano ristabilire un corretto equilibrio ecologico, salvaguardando il lavoro degli imprenditori e la sicurezza dei cittadini.
“Ciò che andremo a ribadire – continua il presidente Paravidino - è la necessità per le aziende agricole di continuare ad esercitare il lavoro, potendo a fine stagione raccogliere i frutti di quello che hanno seminato. Non è mai stato nell’ottica delle imprese agricole di coltivare per avere il risarcimento dei danni, che sono certo dovuti, ma assolutamente non sono la soluzione finale del problema, che resta così in tutta la sua gravità. Quando si convocano i tavoli di lavoro sull’argomento molteplici sono gli attori che intervengono ma per ora il conto lo paga solo l’agricoltore e proprio non mi sembra giusto! E questa è solo una parte del problema: infatti, il sovraffollamento degli ungulati aumenta esponenzialmente anche i rischi legati alle punture da zecca, di cui gli animali selvatici fungono da serbatoio e alle conseguenti malattie da esse trasmesse per non parlare dei pericoli legati alla sicurezza sulle strade».
Caprioli, cinghiali, daini, nutrie e molte altre specie, proliferate ben oltre i limiti, fanno quotidiane incursioni nei campi, devastando le colture.
Tali animali sono considerati bene pubblico ma i danni da loro causati vengono al massimo ritenuti ammissibili di essere indennizzati, e non completamente risarciti. Indennizzi che, oltretutto, arrivano in ritardo e che solitamente non coprono che la metà del danno economico subito dall'impresa, anche a causa dei guasti della malaburocrazia.
Per questo Coldiretti ha richiesto che, quando non risultino efficaci le misure di prevenzione e gli strumenti ordinari di gestione della fauna selvatica esercitati da sindaci e prefetti quale intervento di protezione civile e ordine pubblico, si ricorra a mezzi straordinari come il controllo faunistico inteso come attività di contenimento numerico, di allontanamento e di eradicazione della fauna che si renda necessaria per il soddisfacimento di un primario interesse pubblico, esercitata dall'autorità dei Prefetti quale intervento di pubblica sicurezza.
Tali misure, se necessario, dovrebbero essere esercitate anche nelle aree a regime di protezione speciale.
“Una cosa è certa: quella di Coldiretti è una battaglia che non si fermerà sino a quando non verranno trovate soluzioni concrete nel rispetto delle persone, del territorio e del mondo agricolo in generale” concludono il presidente Paravidino e il direttore Moroni.
14 Giugno 2011
E’ allarme caprioli: “Sono in continuo aumento”