6 Luglio 2012
Assemblea Nazionale Coldiretti

“Verità, giustizia e legalità” sono state queste le parole che il presidente nazionale Coldiretti Sergio Marini ha scandito più volte dal palco di fronte ad oltre quindicimila coltivatori provenienti da tutte le regioni e province d’Italia ma, soprattutto per richiamare l’attenzione dei ministri per lo Sviluppo Corrado Passera e delle Politiche Agricole Mario Catania.
Se la crisi è un dato di fatto c’è un solo modo per riuscire a far crescere il Pil di questo Paese, ossia “l’Italia deve tornare a fare l’Italia”.
 “Noi rappresentiamo un’idea di crescita e di sviluppo completamente diversa da quella dominante: l’Italia e il suo futuro sono legati alla capacità di tornare a fare l’Italia, cioè di essere l’Italia della grande creatività, delle piccole e medie imprese agricole, artigiane, manifatturiere che poi sanno crescere e conquistare il mondo. – ha affermato il presidente Marini -  C’e’ una Italia del buon cibo e di quell’agroalimentare che sa incontrare i bisogni profondi dei consumatori e dei cittadini, del turismo, dell’arte, della cultura, della bellezza, dell’innovazione intelligente. E’ questa l’Italia futura, quella per cui il territorio è una miniera di opportunità, il cui modello di sviluppo è compatibile  con la salvaguardia di un capitale umano e sociale unico al mondo e con la sapiente ricerca della felicità e dello stare bene insieme”.
“Le migliaia di bandiere gialle unite al tricolore hanno creato una coreografia che ha saputo unire e fondere il significato più vero del Made in Italy, di quella straordinaria Italia del buon senso che ogni giorno lavora e rende migliore il nostro Paese, che mette al centro il futuro rispetto al presente, pensa alle strategie non solo alla tattica. – affermano il presidente e il direttore della Coldiretti di Alessandria Roberto Paravidino e Simone Moroni – Un’emozione grandissima. Non ci sono altre parole per descrivere questo appuntamento che rappresenta un momento di crescita importante e di riflessione e la presenza così numerosa di imprenditori non può che  inorgoglirci e rendere ancora più forte il nostro progetto della filiera tutta agricola e tutta italiana”. Particolarmente qualificato il parterre con i maggiori esponenti del mondo accademico, rappresentanti istituzionali, responsabili delle forze sociali, economiche, sindacali e politiche nazionali ed estere e gli interventi del cardinale Mons. Mariano Crociata segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, di Vincenzo Tassinari presidente di Coop Italia e di Carlo Petrini presidente internazionale di Slow Food. Il discorso del Presidente nazionale della Coldiretti Sergio Marini ha toccato temi contingenti e strutturali di straordinaria attualità partendo dalla battaglia contro la burocrazia: per questo occorre cogliere l’occasione della spending review per togliere di mezzo una volta per tutte quegli adempimenti burocratici inutili che tolgono all’attività di impresa vera 100 giorni l’anno. Il vero vantaggio di una spending review “possibile” non è solo nel taglio del personale pubblico che sarà difficile per il costo sociale che ne deriverebbe ma nel recupero di almeno 100 giornate di lavoro all’anno che gli imprenditori perdono per stare dietro alle carte. Una via italiana allo sviluppo c’è, è il modello delle economie di scala e le leggi del Pil e della finanza da sole stanno impoverendo le nostre famiglie e i nostri territori spingendo a produrre al minor costo senza tenere in alcuna considerazione il prezzo sociale, ambientale ed etico che provocano. Una via che saprà reggere anche la competizione globale, contando sulla produzione e su flussi di merci speciali per bisogni speciali, percepiti dai consumatori sparsi in molti luoghi del mondo. Ma vi è anche un altro aspetto, forse più importante. L’agricoltura che rappresentiamo, fatta di dialogo diretto con la società attraverso la vendita diretta e di risposte concrete alle sue scelte di consumo sempre più consapevoli, racconta che si può generare nuova economia e nuova occupazione arricchendo nel contempo la comunità, garantendo la nostra gente prima come cittadini e poi come consumatori. “E’ tempo – ha aggiunto Marini - di ripensare lo sviluppo in una logica di benessere secondo principi di sostenibilità, etica del lavoro e coesione sociale”. Troppo spesso la politica ha smarrito il suo cammino: non media fra le spinte conflittuali dei ceti e degli stati, con sempre maggior frequenza confonde gli interessi particolari con quelli generali. Così in Italia e così in Europa. “Si dice - ha sottolineato Marini - che stiamo vivendo una crisi finanziaria economica globale: questa è una “non verità” perché quella che stiamo vivendo è una crisi “politica globale”. La responsabilità è infatti della politica che ha fatto un passo indietro, accettando la globalizzazione dei mercati senza globalizzarsi. In ciò - ha precisato Marini - non è mancata una certa supponenza: l’idea infatti che il mercato si sarebbe autoregolamentato è stata puntualmente smentita dalla storia. La globalizzazione senza regole è diventata globalismo, il mercato senza regole mercatismo dove tutto è merce e il Pil è l’unico misuratore con la speculazione che vince sull’etica e sul lavoro. Dalla politica non si prescinde, oltre c’è il vuoto, lo sappiamo, ma sappiamo anche che “la cattiva politica” rischia di compromettere il destino del paese e il destino dell’Europa. “Abbiamo bisogno di tanta buona politica, che sappia intervenire tempestivamente, che sia rivolta al fare, che ritrovi una salda visione etica. Ne abbiamo bisogno a casa nostra e fuori. Per usare le parole di De Gasperi - ha detto Marini - “Lo sforzo di mediazione e di equità……è compito necessario dell'Autorità europea”. Con il recente vertice di Bruxelles la politica ha dimostrato che può recuperare la sua sovranità e l’Italia può tornare ad avere il ruolo che merita nei confronti degli altri Paesi membri. “La politica - ha sottolineato Marini - ha battuto un colpo anche grazie alla minaccia di veto dell’Italia che non bisogna avere paura di usare nei momenti centrali, come la riforma della politica agricola comune (Pac) dalla quale dipende molto del futuro del cibo, dell’ambiente, del paesaggio e della qualità della vita del Made in Italy”. Possediamo una borsa valori che sa misurare con puntualità solo il danaro e la ricchezza. La crisi in cui viviamo non deve oscurare, come è accaduto in questi anni, la necessità di investire anche su un'altra gamma di valori, che sono valori che non si vendono e acquistano e che quindi non sono misurati dal Pil ma sono durevoli, continuativi che non conoscono erosione: la socialità, l’amicizia, la famiglia, lo stare bene assieme, la spiritualità nelle sue varie espressioni culturali, la solidarietà. La mercificazione del cibo accende focolai di rivolte e costringe un miliardo di persone a soffrire la fame. La speculazione non dà ormai riparo da periodiche volatilità dei prezzi dei prodotti agricoli che è solo uno degli effetti di un sistema economico globale che ha declassato il cibo a merce qualsiasi dimenticandone l’essenza come bene essenziale e, per sua natura, a destinazione universale. L’agroalimentare italiano è un riferimento per individuare strategie di sviluppo per l’intero Paese: il modello agricolo italiano è infatti vincente nel mondo dove ha conquistato primati nella qualità, tipicità e nella salubrità delle produzioni, ma anche nel valore aggiunto per ettaro di terreno ovvero la ricchezza netta prodotta per unità di superficie dall’agricoltura italiana è praticamente il doppio di quella di Germania, Francia e Spagna e il triplo di quella Inglese. Leadership per i prodotti tipici, record di longevità grazie alla dieta mediterranea, top di presenze per il turismo enogastronomico, i sistemi di controllo più efficaci del mondo per garantire la salubrità dei prodotti, sono alcuni dei primati del Made in Italy agroalimentare. “Nel grande mare della globalizzazione ci salveremo solo ancorandoci a quei prodotti, quei manufatti, quelle modalità di produzione che sono espressione diretta dell’identità italiana, dei suoi territori, delle sue risorse umane”. Questo patrimonio è inalienabile e costituisce la più forte leva competitiva del nostro ‘produrre’, come confermano le imitazioni del Made in Italy su scala mondiale che hanno raggiunto proporzioni gigantesche a riprova della sua assoluta unicità e della sua straordinaria bontà. Un settore che rappresenta il 15 per cento del Pil nazionale, con un valore complessivo di 250 miliardi di euro. E a Coldiretti non manca il coraggio, ma soprattutto non mancano gli uomini e le donne, per dire che “l’Italia deve tornare a fare l’Italia”: per far crescere e rafforzare il progetto della filiera tutta agricola e tutta italiana, di cui è ricco il Paese, come hanno ribadito nel loro messaggio inviato in occasione dell’assemblea, Papa Benedetto XVI e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E l’appuntamento è al prossimo anno, per un “nuovo” Palalottomatica.

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