7 Ottobre 2011
Dal campo alla tavola poca chiarezza e troppo distorsioni

A causa delle inefficienze e delle eccessive intermediazioni nel passaggio della frutta dall’azienda agricola al carrello della spesa i prezzi almeno triplicano (+200 per cento) ma possono anche quadruplicare (+294 per cento) per la filiera lunga (presenza di 3 o 4 intermediari tra produttore e distributore finale), secondo l’ultima indagine dell’Antitrust sul settore ortofrutticolo. E la drastica riduzione del 22 per cento nelle quantità di frutta acquistate dalle famiglie negli ultimi 10 anni è una delle ragioni riconducibili all’aumento dei casi di obesità: gli adulti con problemi di eccesso di peso sono il 46% della popolazione, quasi uno su due. La causa va ricercata nella moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola che ha reso più onerosi gli acquisti, ma ha anche fatto crollare il reddito degli agricoltori. Sotto accusa c'è una cattiva organizzazione e gestione della filiera a valle dell'azienda agricola per cui diventa necessario che i produttori agricoli riprendano il controllo dei prodotti lungo tutta la filiera.
“Si sta allargando senza giustificazioni – denunciano il presidente e il direttore della Coldiretti alessandrina Roberto Paravidino e Simone Moroni -  la forbice dei prezzi della frutta e verdura fresca tra produzione e consumo. Una situazione che danneggia i consumatori che potrebbero acquistare maggiori quantità e a condizioni più vantaggiose, ma anche gli agricoltori costretti a lavorare in perdita”. Il risultato è che oggi gli acquisti di frutta e verdura delle famiglie italiane sono passati da 450 chili a famiglia all’anno del 2000 ai 350 chili del 2010, con una riduzione di ben 100 chili annui (–22 per cento), nonostante la spesa per acquistarla sia addirittura aumentata. “Il nostro presidente nazionale Sergio Marini lo ha sottolineato a gran voce: bisogna ristrutturare il sistema di filiera perché il sistema non può più sopportare un costo per la concentrazione e distribuzione dell’ ortofrutta che è quasi il doppio della Spagna - hanno aggiunto Paravidino e Moroni - bisogna rafforzare il potere contrattuale nei confronti della distribuzione commerciale perché non c’è dubbio che su questo punto il sistema dell’offerta organizzata, anche quella dei grandi numeri, ha completamente fallito l’obiettivo per cui è nata”. In tutto il 2010 le famiglie italiane hanno acquistato 8,3 milioni di tonnellate di ortofrutta fresca per una spesa complessiva di 13 miliardi, di cui circa 4,5 milioni di tonnellate per gli acquisti di frutta e 3,8 milioni di tonnellate per quelli degli ortaggi. Ma gli effetti si sono fatti sentire anche sul lato della produzione a causa del taglio dei redditi dei produttori. In Italia, negli ultimi dieci anni, è scomparso circa un terzo del frutteto italiano, con effetti sull’economia, l’occupazione e il paesaggio della campagna italiana.
Nonostante questo il valore delle esportazioni di frutta e verdura è risultato pari a 2,028 miliardi di euro superiore di qualche migliaio di euro a quello del vino che, seppur in crescita, si ferma a 2,025 miliardi di euro, nel semestre. Il risultato è stato ottenuto nonostante il fatto che il principale mercato di sbocco, con quasi un terzo del fatturato, sia la Germania dove nel giugno 2011 si è verificata la psicosi ingiustificata nei consumi determinata dal batterio killer Escherichia coli. L’ortofrutta ha quindi sorpassato il vino e diventa la prima voce dell’export agroalimentare nazionale nel 2011. Le performance sui mercati esteri sono state accompagnate a livello nazionale da un aumento degli acquisti familiari di frutta del 6,4 per cento in valore (ma un calo in quantità del 2,7 per cento), che devono essere però confermate nella seconda metà dell’ anno. Quello che è certo è però che i riscontri positivi sul mercato non si sono trasferiti ai produttori ortofrutticoli italiani per i quali il 2011 è stato uno degli anni peggiori. Per i produttori italiani di pesche nell’estate si è verificato un crack da 300 milioni di euro per effetto del crollo dei prezzi pagati ai produttori che sono scesi sotto i 30 centesimi al chilo, un valore inferiore a quello di dieci anni fa, mentre le importazioni in Italia di pesche dalla Spagna sono praticamente raddoppiate (+78 per cento) a giugno.
Le ragioni vanno ricercate nella maggiore rigidità degli investimenti con una sottoutilizzazione delle immobilizzazioni dovuta anche a una mancanza di pianificazione e qualificazione dell’offerta. L’eccessiva concentrazione dell’offerta nazionale nei mesi di luglio e agosto ha favorito l’invasione del mercato comunitario e nazionale da parte della Spagna a giugno con le varietà precoci. Ecco perchè Coldiretti ribadisce come i “produttori agricoli debbano riprendere il controllo dei prodotti lungo tutta la filiera”. Questa è l’unica soluzione.

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