23 Settembre 2014
Gravissimi danni per le imprese dal braccio di ferro tra Unione Europea e Russia

Danni incalcolabili, o meglio, purtroppo calcolabilissimi, quelli subiti dall’Italia nel braccio di ferro tra Unione Europea e Russia che ha portato al blocco di beni per 30 milioni di euro.
Infatti, le contromisure attuate dalla Russia, in vigore dal 7 agosto, con il divieto all’ingresso di una lista di prodotti agroalimentari che comprende frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, costano quasi 200 milioni di euro all’anno all’Italia.
“Ora siamo di fronte ad una preoccupante escalation dello scontro con una guerra commerciale che conferma la strategicità del cibo soprattutto nei periodi di recessione economica” affermano il presidente e il direttore della Coldiretti alessandrina Roberto Paravidino e Simone Moroni nel sottolineare che “la Russia colpisce l’agroalimentare perchè sanno che è un elemento di crescita per l’Unione Europea in un momento di stagnazione”.
Peraltro, alle perdite dirette si sommano quelle indirette dovute al danno di immagine e di mercato provocato dalla diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in italy, ma anche la possibilità che vengano dirottati sul territorio nazionale i prodotti agroalimentari di bassa qualità di altre nazioni che non trovano più uno sbocco nel Paese di Putin.
“In particolare – affermano il presidente e il direttore della Coldiretti alessandrina Roberto Paravidino e Simone Moroni - i settori più penalizzati sono l’ortofrutta per un importo di 72 milioni di euro esportati nel 2013, le carni per 61 milioni di euro, latte, formaggi e derivati per 45 milioni di euro. Le tensioni politiche si sono in realtà estese agli scambi anche a prodotti non colpiti direttamente dall’embargo ma sui quali pesa l’incertezza di nuove misure restrittive”.
Il blocco è stato determinato da una richiesta esorbitante di intervento da parte dei produttori polacchi i quali avrebbero infatti presentato richieste per l'87% dei fondi destinati a sostenere tutti i produttori comunitari di ortofrutta deperibile, poiché le indennità di ritiro previste risultano molto interessanti in situazioni con costi di produzione più bassi, così come sono in Polonia. Ciò dimostra quanto sia scorretto non tenere conto delle diverse situazioni produttive tra i diversi Paesi nella definizione di misure di sostegno che risultano a questo punto particolarmente importanti e urgenti per l’Italia.
“L’ortofrutta ed in particolare la frutta, la cui produzione per il 25% viene esportata in Russia, subirà un danno tra crisi di mercato ed embargo che supera i 60 milioni di euro – continuano Paravidino e Moroni – A ciò si aggiungano i danni indiretti provocati dal rischio di invasione sul territorio nazionale di prodotti di altri Paesi che non possono più trovare uno sbocco in Russia. Ora è necessario lavorare ad una soluzione che possa mettere in condizione i produttori di ripartire con risorse finanziarie necessarie alla conduzione aziendale. Le peculiarità della filiera sui nostri territori impongono un adeguamento delle misure d’intervento, di cui abbiamo proposto anche una ipotesi. Poi dovremo imporci una strutturazione diversa della filiera, per evitare di disperdere il valore aggiunto di una produzione straordinaria. Un lavoro da riproporre anche per altre filiere. Occorre soprattutto concentrare le risorse disponibili per la promozione a livello nazionale per aumentare l’efficacia di intervento ed evitarne la dispersione”.

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