“Non è politicamente accettabile che lo Stato, che rappresenta tutti i cittadini italiani, finanzi direttamente o indirettamente la produzione o la distribuzione di prodotti alimentari che non hanno nulla a che fare con il tessuto produttivo del Paese ma che anzi fanno concorrenza sleale agli imprenditori impegnati nell’allevamento e nella produzione in Italia. In un momento di crisi si sprecano soldi per favorire la delocalizzazione e non certo l’internazionalizzazione e si alimenta il giro di affari dell’Italian sounding che si stima superi i 60 miliardi di euro l’anno, 164 milioni di euro al giorno, cifra 2,6 volte superiore rispetto all’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari”.
Con queste parole il presidente nazionale Coldiretti Sergio Marini ha puntato l’attenzione sugli effetti economici diretti dell’Italian sounding che sulle esportazioni di prodotti agroalimentari realmente Made in Italy si traducono, inevitabilmente, in effetti indiretti sulla bilancia commerciale, in costante deficit nell’ultimo decennio
Un danno per le imprese e un danno per il Pese. Quello che è più grave è che la finanziaria di Stato rimane “reticente” anche dopo le denuncia pubblica che – ricorda Marini – abbiamo presentato alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e al Ministero delle Politiche Agricole che ha addirittura istituito un tavolo di lavoro sulla vicenda dell’incredibile acquisto di quote da parte della Simest della società rumena denominata Lactitalia. Lactitalia ha sede in Romania e produce, utilizzando latte di pecora romeno e ungherese, formaggi rivenduti con nomi italiani (tra gli altri Dolce Vita, Toscanella e Pecorino). La presenza sui mercati internazionali di prodotti di imitazione del pecorino romano è la principale ragione della grave crisi che colpisce i pastori italiani e della quale lo Stato si è reso complice.
Di fronte a questa situazione la Coldiretti si pone due domande:
- Perché lo Stato investe risorse pubbliche per divenire proprietario di un’azienda che fa concorrenza agli imprenditori nazionali evocando un'italianità dei prodotti in realtà insussistente?
- Quanti casi analoghi esistono e quali iniziative si intende adottare per porre fine a questa grave situazione che frena la crescita dell’agricoltura italiana e del paese?
Qualche esempio? Lo Stato italiano promuove le vendite all’estero della bresaola uruguaiana ma anche la finocchiella, il salame toscano e il culatello prodotti negli Stati Uniti e venduti a New York dalla salumeria Rosi del Gruppo Parmacotto il quale ha appena stipulato un vantaggioso accordo che prevede un investimento di ben 11 milioni di euro nel proprio capitale sociale da parte di Simest, una società per azioni controllata dal Ministero dello Sviluppo Economico con la partecipazione di privati. Il presidente della Coldiretti Sergio Marini lo ha denunciato al Forum Internazionale dell’alimentazione di Cernobbio nella sessione dei lavori dedicata alla legalità come fattore di crescita alla quale sono intervenuti Giovanni Fava, Presidente Commissione Parlamentare di Inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, il magistrato Donato Ceglie, Cesare Patrone, Capo del Corpo Forestale dello Stato, e Paolo Russo - Presidente Commissione Agricoltura Camera Deputati.
Il presidente Sergio Marini ha mostrato il culatello prodotto con carne statunitense a marchio “Salumeria Biellese” e la bresaola uruguaiana a marchio Parmacotto risultato dello shopping effettuato dalla task force della Coldiretti alla Salumeria Rosi a New York, 283 Amsterdam Avenue. Si tratta dell’importante punto vendita del gruppo Parmacotto che lo scorso 12 ottobre ha ricevuto l’impegno di un finanziamento pubblico da parte della Simest finalizzato “al potenziamento della struttura produttiva e del processo di internazionalizzazione verso i mercati target, con particolare attenzione agli Usa, Francia e Germania, dove il Gruppo mira a consolidare la propria presenza”.