23 Febbraio 2023
SICCITÀ: SOS PER IL RISO ITALIANO CON SEMINE AI MINIMI STORICI. AL SUO POSTO PIÙ MAIS E SOIA ?

A causa della siccità mais e soia, che necessitano di meno apporto idrico, coltivati al posto del riso?

“Siamo solo all’inizio della campagna ma le previsioni sembrano andare proprio in questa direzione anche in provincia di Alessandria dove si stima una riduzione di circa il 15%, ma il dato potrebbe aumentare con gli alessandrini che consumano in media fra i 5 e i 6 chili di riso a testa.

Sul territorio provinciale sono circa 7.900 gli ettari coltivati a riso, per una produzione di 568.338 quintali, concentrati nella zona del Casalese: Villanova, Balzola, Morano Po, la situazione più complicata per la mancanza di apporto idrico riguarda la produzione a ridosso dell’area vercellese.

E’ quanto afferma Coldiretti Alessandria sulla base delle previsioni, nel sottolineare che le preoccupazioni per il riso sono rappresentative delle difficoltà in cui si trova l’intera agricoltura nazionale dove, per la mancanza di acqua, verranno coltivati quest’anno in Italia quasi 8mila ettari di riso in meno per un totale di appena 211mila ettari, ai minimi da trenta anni.

“Il riso è una coltura che per crescere e garantire l’equilibrio ambientale e faunistico di interi territori ha infatti bisogno di molta acqua per periodi prolungati e una gestione dei canali irrigui più accurata. Il crollo di oltre il 30% della produzione del riso in Italia nell’ultimo anno a causa del meteo pazzo sta spingendo gli agricoltori ad abbandonare le risaie con effetti preoccupanti sull’ecosistema, l’economia e l’occupazione. Con 1,5 milioni di tonnellate all’anno l’Italia, infatti, garantisce il 50% dell’intera produzione di riso della Ue di cui è il primo fornitore, con una gamma di varietà e un livello di qualità uniche al mondo”, ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco.

In Italia con 9 risaie su 10 sono concentrate al nord dove è caduto il 40% di pioggia in meno rispetto alla media storica secondo l’analisi Coldiretti su dati Isac Cnr.

“La perdita del riso non fa altro che aumentare il problema della carenza idrica perché la sua coltivazione garantisce dei veri e propri bacini idrici risultando determinante per l’ambiente ma per tutto l'agroecosistema. Ma sul riso italiano grava anche la concorrenza sleale delle importazioni low cost dai paesi asiatici che vengono agevolate dall’Unione Europea nonostante non garantiscano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e dei diritti dei lavoratori”, ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco.

A preoccupare non è solo l’economia e l’occupazione per oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera ma anche la tutela dell’ambiente e della biodiversità.

Sono 200, infatti, le varietà iscritte nel registro nazionale, dal vero Carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’Arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al Vialone Nano, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come Indicazione Geografica Protetta, passando per il Roma e il Baldo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.

L’allarme siccità riguarda in realtà tutte le coltivazioni alla vigilia delle semine 2023 con il fiume Po a secco che al Ponte della Becca (Pavia) si trova a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico, con le rive ridotte a spiagge di sabbia come in estate.

La situazione del più grande fiume italiano è rappresentativa delle difficoltà in cui si trovano tutti gli altri corsi d’acqua del settentrione con i grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 34% del lago di Garda al 38% di quello Maggiore fino ad appena al 21% di quello di Como ma si registra anche lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve nell’arco alpino ed appenninico.

La situazione è peggiore di quella dello scorso anno quando si è registrato una perdita di almeno 6 miliardi di euro nei raccolti a causa della siccità. Con il Po a secco rischia 1/3 del Made in Italy a tavola che si produce proprio della Pianura Padana dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale.

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