Chiediamo che sull’import ci sia un netto stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard. Non possiamo più sopportare questa concorrenza sleale, che mette a rischio la salute dei cittadini e la sopravvivenza delle imprese agricole.
Così Coldiretti in occasione della prima mobilitazione con gli agricoltori da tutta Europa e la partecipazione per l’Italia della Coldiretti scesi in piazza in Place du Luxembourg, di fronte al Parlamento europeo a Bruxelles: presente una numerosa delegazione di Coldiretti Alessandria, soprattutto giovani imprenditori e dirigenti, insieme al presidente provinciale, Mauro Bianco, al direttore provinciale, Roberto Bianco.
Su un grande striscione si legge “Stop alle follie dell’Europa” ma gli agricoltori esibiscono anche cartelli con “Basta terreni incolti!”, “Stop import sleale”, “Prezzi giusti per gli agricoltori”, “No Farmers no Food”.
“Siamo a Bruxelles, in maniera pacifica, perché siamo la più grande organizzazione agricola europea ed abbiamo il dovere di trasformare le proteste in proposte concrete, affinché non vengano strumentalizzate per interessi lontani da quelli dei nostri agricoltori – ha affermato il Presidente provinciale Mauro Bianco -. Coldiretti chiede di tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo che la pandemia e le guerre hanno dimostrato tutta la fragilità dell’Unione europea davanti al blocco del commercio mondiale, ma anche la difficoltà del sistema produttivo sconvolto dalla violenza dei cambiamenti climatici, per proteggersi dai quali servono investimenti adeguati nella difesa attiva e passiva”.
Sugli accordi commerciali occorre garantire il principio di reciprocità e in tale ottica è positivo l’annuncio della Commissione Ue sul fatto che “non sono soddisfatte le condizioni” per raggiungere un accordo commerciale con i Paesi del Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Una scelta che segue la denuncia della Coldiretti in Italia e della Fnsea in Francia sulla concorrenza sleale provocata dalle gravi inadempienze di molti Paesi sudamericani sul piano della sostenibilità delle produzioni agroalimentari con rischi per l’ambiente, la sicurezza alimentare e lo sfruttamento del lavoro minorile evidenziato dallo stesso dipartimento del lavoro statunitense.
“La nostra battaglia in Europa continuerà in maniera forte e continuativa con proposte per il futuro degli agricoltori. Dobbiamo aumentare gli investimenti in agricoltura, garantendo più sostegni ai giovani per il ricambio generazionale nel nostro settore – ha aggiunto il Direttore provinciale Roberto Bianco -. Senza ragazze e ragazzi in agricoltura, l’Europa sarà più fragile e dipendente dalle importazioni. Serve la cancellazione dell’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Politica agricola comune (Pac) per invertire la rotta rispetto alle follie dell’Ue poiché non ha senso impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare, come sosteniamo da anni, una delle eredità della folle era Timmermans con il quale ci siamo confrontati molto duramente, unici in Europa, aprendo una breccia. In occasione della crisi Ucraina avevamo ottenuto una deroga, la nuova bozza di deroga che la Commissione sta proponendo va corretta perché contiene troppi vincoli. È ora che l’obbligo venga eliminato definitivamente”.
Ma l’Europa deve sostenere anche gli accordi di filiera per costruire mercati più equi, con una più giusta distribuzione del valore e più trasparenti per i consumatori. La nuova Politica agricola comune dovrà incentivare questo modello che rafforza i rapporti tra produzione, trasformazione e commercializzazione, anche per contrastare le pratiche sleali.
Serve un cambio di passo rispetto al recente passato. Non ci può essere più spazio per politiche ideologiche che hanno penalizzato gli agricoltori, mettendo a rischio tante filiere anche nel nostro Paese. L’Europa deve investire nella propria autosufficienza alimentare, respingendo modelli omologanti come quelli del cibo artificiale e riconoscendo il ruolo di presidio dell’ambiente che le imprese agricole svolgono ogni giorno.