11 Luglio 2014
Una numerosa delegazione alessandrina questa mattina a Torino

L’esasperazione dei risicoltori è arrivata oggi in piazza Castello a Torino per denunciare le speculazioni sull’import di prodotto dai Paesi asiatici e i sempre più risicati margini di guadagno.
Il Presidente Nazionale Coldiretti, Roberto Moncalvo, ha illustrato di fronte ai 1500 partecipanti le ragioni della protesta che ha una portata nazionale.
Un’occupazione pacifica che ha visto la presenza di una numerosa delegazione alessandrina guidata dal presidente e dal direttore provinciale Coldiretti Alessandria Roberto Paravidino e Simone Moroni.
Una condivisione totale del documento di Coldiretti arrivata anche dal Palazzo della Regione, dal Presidente della Giunta Sergio Chiamparino e dall’Assessore all’Agricoltura Giorgio Ferrero, i quali si sono impegnati come Giunta Regionale a trasmettere al Ministero le richieste dei risicoltori piemontesi. Inoltre verrà proposto un ordine del giorno che sarà portato in approvazione al Consiglio regionale.
Un documento che, a livello provinciale, è stato consegnato dai vertici della Coldiretti alessandrina nella giornata di giovedì al prefetto di Alessandria Romilda Tafuri, per sensibilizzare il territorio sulla necessità di una nuova legge per la regolamentazione del commercio interno, in particolare nel collegato agricolo di “Campo libero”, in cui sia inserito chiaramente l’obbligo di indicazione dell’origine e l’etichettatura del riso.
“Abbiamo ottenuto l’attenzione che ci eravamo prefissati. Dalla Giunta al Consiglio regionale, dalle Prefetture all’Anci. Continueremo a seguire la complessa problematica sia in sede ministeriale che di Commissione Europea. – ha affermato il presidente provinciale Roberto Paravidino - Con la distribuzione della insalata di riso alla piemontese sono stati coinvolti migliaia di cittadini consumatori che da sempre ci affiancano nelle nostre battaglie di indicazione dell’origine, di etichettatura e di valorizzazione delle produzioni locali ”.
Dall’inizio della crisi ha chiuso quasi una azienda di riso su cinque e la situazione sta precipitando nel 2014 con la perdita di posti di lavoro e pericoli per la sicurezza alimentare dei consumatori a causa dell’invasione di riso proveniente dall’Asia. E’ l’allarme lanciato con un blitz da migliaia di agricoltori con le loro famiglie, nelle piazze delle città nei territori di produzione, dalla Lombardia al Veneto, dal Piemonte all’Emilia fino in Sardegna. Campi di riso trasferiti in città, mondine in barca sul Canal Grande, piatti tipici serviti sul posto, distribuzione di sacchetti di riso, ma anche presentazione alle Istituzioni del Dossier Coldiretti per denunciare il rischio di estinzione di una coltivazione importante per la salute, il territorio e l’occupazione.
L’Italia è ancora il primo produttore europeo di riso su un territorio di 216mila ettari con un ruolo ambientale insostituibile e opportunità di lavoro nell’intera filiera per oltre diecimila famiglie tra dipendenti ed imprenditori. La situazione è ora drammatica per le speculazioni sull’import dai Paesi asiatici che stanno schiacciando i produttori piegati da costi che hanno abbondantemente superato i ricavi per la varietà Indica. Le importazioni agevolate a dazio zero dalla Cambogia e dalla Birmania hanno fatto segnare un aumento del 754 per cento nei primi tre mesi del 2014 rispetto allo scorso anno e a rischio c’è anche la salute dei consumatori con il sistema di allerta rapido Europeo (RASFF) che ha effettuato quasi una notifica a settimana per riso e prodotti derivati di provenienza asiatica per la presenza di pesticidi non autorizzati e assenza di certificazioni sanitarie, nel primo semestre dell’anno. In Italia tale trend ha comportato nel tempo la riduzione della coltivazione di riso varietà Indica, che nel 2014 evidenzia una riduzione di 15.446 ettari (-21,6 per cento).
“L'accordo Everything But Arms, Tutto tranne le armi, che ha portato all’azzeramento dei dazi ha favorito l’insediamento di multinazionali in Paesi meno avanzati dove hanno fatto incetta di terreni e si coltiva riso senza adeguate tutele del lavoro e con l’utilizzo di prodotti chimici vietati da decenni nelle campagne italiane ed europee. – ha aggiunto il direttore Simone Moroni - Dallo sfruttamento in Asia alle speculazioni in Europa dove il riso indica lavorato cambogiano arriva in Italia ad un prezzo riferito al grezzo inferiore ai 200 euro a tonnellata, pari a circa la metà di quanto costa produrlo in Italia nel rispetto delle norme sulla salute, sulla sicurezza alimentare e ambientale e dei diritti dei lavoratori. Con rischi anche per i consumatori perché la produzione straniera puo’ essere spacciata come nazionale non essendo obbligatorio indicare in etichetta l’origine nelle confezioni in vendita”. Una concorrenza sleale nei confronti dei produttori italiani che insieme alle loro famiglie hanno manifestato dal Piemonte alla Lombardia, dal Veneto all’Emilia Romagna fino in Sardegna dove sono stati incontrati i referenti Istituzionali ai quali è stato consegnato il Dossier della mobilitazione.
“La provincia di Alessandria ha una produzione risicola pari a 2.000 ettari e il Piemonte, più in generale, è una regione a forte vocazione risicola e non può più accettare che il lavoro delle oltre 2.500 imprese per un totale di 8.000 addetti sia messo a rischio a causa delle indiscriminate importazioni dall’estero, Cambogia in particolar modo, a seguito dell’azzeramento dei dazi doganali da parte dell’Unione Europea. – hanno continuato il presidente e il direttore della Coldiretti alessandrina Roberto Paravidino e Simone Moroni – Oggi il nostro Paese è il maggior produttore europeo di riso, con più di 14 milioni di quintali l’anno. E in Italia il primato spetta al Piemonte, con più di 120 mila ettari di risaia con una produzione totale di 8 milioni 500 mila quintali. Il riso costituisce l’esempio classico dei soli 17 centesimi che vanno al produttore agricolo per ogni euro di costo per il consumatore”.
Per il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, in piazza Castello a Torino dove oggi è stata ricostruita una risaia sullo sfondo di Palazzo Reale, “il riso Made in Italy è una realtà da primato per qualità, tipicità e sostenibilità che va difesa con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza, la pubblicità dei nomi delle industrie che utilizzano riso importato, l’applicazione della clausola di salvaguarda nei confronti delle importazioni incontrollate, ma anche l’istituzione di una unica borsa merci e la rivisitazione dell’attività dell’Ente Nazionale Risi”.

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